Don Lolli, audacia e sguardo sul reale

Don Lolli, audacia e sguardo sul reale. Vedere Dio nei volti delle persone, la sua opera nella storia e agire di conseguenza, con l’audacia dei Santi.
Don Angelo Lolli ha cercato di farlo, per tutta la sua vita, ma in particolare nella realizzazione, 90 anni fa, di quella “casa rifugio per gli abbandonati” che oggi è l’Opera Santa Teresa, al centro anche delle iniziative diocesane per il 60simo della sua morte.
Nel mese di Aprile, dopo la Messa presieduta dall’arcivescovo di Bologna, monsignor Zuppi, ha tenuto nel teatro di Santa Teresa un convegno che aveva al centro proprio la figura di don Lolli.
Il convegno è stato anche un’occasione per diffondere e discutere dell’ultimo testo di don Alessandro Andreini, biografo del Servo di Dio, “Una casa rifugio per gli abbandonati” (Feeria edizioni) che raccoglie i suoi scritti, riflessioni ed editoriali a margine dell’inaugurazione del primo nucleo di Santa Teresa, nel 1928.
“La Provvidenza – ha esordito don Alberto Camprini, attuale direttore di Santa Teresa – ha quotidianamente accompagnato, sostenuto e illuminato il cammino di questa realtà, fatta di muri, sì, ma soprattutto di persone, vite, storie. Non è mai mancata la luce, il sostegno, l’aiuto, il soccorso nei momenti bui e umanamente duri”. È stata proprio questa considerazione il motore dell’azione e l’energia di don Lolli: la consapevolezza che non stava lavorando per sé o per i superiori, ma per Dio.
“È quello che anche il Papa, a Molfetta, ricordando don Tonino Bello, ha chiamato ‘eroismo della carità’ – ragiona don Andreini -. Se don Lolli si fosse fermato alle dissertazioni, oggi non avremmo Santa Teresa. Lo dice chiaramente nei suoi scritti: ‘Non ci fermeremo mai’”. Perché? Perché sapeva leggere nella storia, e quindi nella realtà del suo tempo, le richieste e la volontà di Dio, alla quale si affidava, con quello spirito di “infanzia spirituale”, che poi ha voluto come cardine dell’esperienza spirituale della famiglia di religiose che ha fondato, le Suore della Piccola Famiglia di Santa Teresa. “Lo spirito di infanzia spirituale – ha spiegato suor Anna Morandi, attuale superiora della congre-gazione fondata da don Lolli – si concretizza nell’umiltà, ma anche nella piena confidenza con Dio e nell’abbandono a Lui, nell’amore verso i poveri e gli ultimi, attraverso i piccoli gesti di cura quotidiani”: pane quotidiano per chi, come le Suore di Santa Teresa, assiste gli ammalati all’Opera.
Interessante il riferimento da parte di quasi tutti i relatori alla recente esortazione apostolica di Papa Francesco, “Gaudete et exultate”: “Dio ci vuole santi – ha richiamato padre Dino Dozzi, citando l’esortazione -.
E non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata e inconsistente. Ecco, don Lolli non mi pare si sia accontentato, mai”.
Tre le radici della sua spiritualità: ‘vedere’ Dio nella storia, innamorarsi di Lui, e ‘servirlo’ negli altri. Non sappiamo se don Lolli diventerà un Santo canonizzato dalla Chiesa (il processo di beatificazione, conclusa la fase diocesana esattamente 10 anni fa, ora si trova nella fase romana, procedendo alla stesura della Positio super virtutibus) ma certamente è un esempio di santità per la nostra diocesi.
“Ha dato un volto alla carità della nostra Chiesa diocesana e ha influenzato la società civile di Ravenna – ha detto l’arcivescovo Lorenzo, in chiusura del convegno.
Questa è un’opera alla quale non possiamo rinunciare ma dobbiamo cambiarla (a partire dal nuovo ruolo dei laici in essa) per saper cogliere dentro il nostro tempo qual è la volontà di Dio e dare risposte alle nuove povertà della nostra società. La carità non si deve fermare, mai”.
Suor Donatella Tonielli
(tratto da “Risveglio Duemila”, del 27 aprile 2018, p. 4)
Nella foto Da sx: la moderatrice Daniela Verlicchi,
Padre Dino Dozzi, Mons. Lorenzo Ghizzoni, Don Alessandro Andreini, Don Alberto Camprini