Gli ammalati

Vi è un momento per tutti nella vita, in cui compare la malattia.

La nostra attività si arresta, la nostra libertà si perde, la nostra mente si oscura, il nostro cuore si rattrista, il nostro corpo si ammala.

È l’ora della passione, del nostro calvario.

La malattia è una croce, o meglio, un fascio di croci che affligge il corpo e l’anima.

Le afflizioni del corpo sono tante quanti sono i suoi sensi, i suoi organi, gli elementi di cui sono composti gli organi: carne, nervi, muscoli.

Le afflizioni dell’anima sono la noia, la tristezza, la paura, l’abbandono, la disperazione. Davanti al mondo la malattia è una disgrazia, perché porta via gli unici beni che il mondo offre: la salute, la libertà, il piacere, la vita.

Davanti alla fede, la malattia è una penitenza, una purificazione, una preparazione alla gioia della vita futura.

Per il mondano, la malattia è un male assoluto, per il cristiano un male relativo.

Comunque sia, il malato di salute è un povero di gioia, un povero di libertà, un povero di vita. Dobbiamo quindi amarlo, compatirlo, soccorrerlo. Amarlo, ricordandoci di lui, trattandolo non come un estraneo, ma come uno di casa.

Se lo amiamo, sentiamo il bisogno di donargli quello di cui ha bisogno: la nostra vita, il nostro affetto, il nostro soccorso.

La visita agli ammalati deve essere discreta nel tempo, nelle parole, nei modi e santa nel fine. Visitare l’ammalato è visitare Gesù.

Il nostro affetto deve essere di compassione e di conforto.

Il nostro soccorso deve essere secondo le possibilità e l’opportunità: soccorso per il corpo e soccorso per l’anima.

“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8)