I NOSTRI OSPITI SCRIVONO

Flavia, la nostra Ospite-scrittrice, sempre di limpidissima memoria, rievoca, le sue giornate di bimba inconsapevole, immersa con la sua
famiglia, nella tragedia della seconda guerra mondiale.

La bomba

Primavera del 1945, 40 persone ostaggi delle SS sono rinchiusi in un appartamento al 3° piano di un palazzo nobiliare di una cittadina romagnola.
I primi 2 piani erano adibiti ad ospedali per i soldati tedeschi ormai in ritirata.
Io avevo 5 anni ed ero con la mamma, la zia e la nonna.
I tedeschi pensavano che avendo con sé dei civili, gli inglesi li avrebbero risparmiati, invece non fu così.
Infatti un giorno che io e la zia passeggiavamo giù nel corridoio d’ingresso, sentimmo un sibilo fortissimo e un ordigno marrone grandissimo ci sfiorò e uscì dalla porta posteriore, io feci appena in tempo a gridare “guarda, zia, la balena” poi più
niente, uno scoppio tremendo e ci trovammo sul tetto, con la nonna e la mamma e pochi altri.
D’intorno macerie e membra umane sparse ovunque. La mamma aveva i vestiti a striscioline e sanguinava dal naso e dalle orecchie.
Vennero i Partigiani ci presero in braccio e ci portarono giù. La nonna allora disse la frase, ormai famosa in casa nostra “L’aveva detto Don Mario nel 1914, Angelina, te e la tua famiglia non morirete mai sotto una pietra” e ci raccontò, ancora una volta il “fatto”: nel 1914 ci fu la famosa “settimana rossa”.

Alcuni facinorosi, esaltati fecero una rivolta, andarono in chiesa, picchiarono a sangue il parroco (Don Mario) e sfasciarono tutto, i banchi e le statue dei santi. Don Mario, che era cugino di mio nonno, si rifugiò in casa nostra e disse alla mia nonna “Angelina, tu che sei una donna va in chiesa, a te non faranno niente, vai a recuperare la pietra dove c’è la santa reliquia, che si trova sotto l’altare.”

Detto e fatto, la nonna, dopo aver sommariamente medicato Don Mario, andò in cantina, prese la carriola, un badile, si mise il grembiule e corse in chiesa.
Si finse una rivoluzionaria e si fece aiutare da quei forsennati a scavare sotto l’altare, finchè trovò quello che cercava (Don Mario le aveva detto: “Angelina prendila e portala via, così la chiesa sarà sconsacrata e non faranno un sacrilegio”).
La nonna l’avvolse nel grembiule, la mise sulla carriola, tornò a casa e la consegnò a Don Mario, che le disse la “famosa frase”. E tutto finì per il meglio. La chiesa poi fu riconsacrata dal Vescovo.

Flavia Golfieri