Il Natale è collegato alla Croce

Il S. Natale, con il Bambino Gesù adagiato in una mangiatoia, all’interno di una misera grotta ci fa riflettere come grande e stupefacente sia il mistero dell’incarnazione di Cristo.

Dio ci dona il suo Figlio, che si presenta con la realtà fragile di un bambino, esternamente uguale a tutti gli altri. Un bambino che ha bisogno di tutto: di essere accolto, vestito, accudito, nutrito, amato, aiutato, protetto. Dio assume la condizione umana per noi, per amore, per realizzare il suo progetto di salvezza rivolto  a tutti gli uomini, che ha il suo compimento con la morte di Gesù sulla croce e la successiva risurrezione.

Questo è espresso magistralmente da S. Paolo nell’inno cristologico riportato nella Lettera ai Filippesi (2, 6-11): “Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre”.

La proclamazione dell’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù, sintetizzato con il termine greco di Kerigma, costituisce il nucleo centrale del messaggio cristiano, che dobbiamo annunciare gioiosamente a tutti e testimoniare con la vita. Il Kerigma ci dice che il Natale e la Pasqua non possono essere separati, che l’incarnazione e la risurrezione non sono così disgiunte, bensì un tutt’uno.

Da ciò ne consegue che il Natale è collegato alla sofferenza, alla Croce, dove sgorga la dolcezza di Dio come da una sorgente. La Croce è già contenuta nel Presepe. Non si può parlare del Natale senza la Croce. Nostro Signore Gesù Cristo è venuto nel mondo, Dio si è fatto uomo, per poter poi salire al Calvario e dare la sua vita per noi, per la nostra salvezza.

Che tenerezza avrebbe il Natale se non ricordasse questo?

Quale dolcezza avrebbe per le nostre anime se non portasse dentro il ricordo che l’amore di Dio per ciascuno di noi è diventato totale dono di sé sulla Croce?

L’amore, la tenerezza di Dio per noi, poveri peccatori, ha un volto, il Santo Volto di Cristo Crocifisso. E quando guardiamo il Bambino del presepe, riconosciamo già l’uomo della Passione, l’uomo del Calvario.

Gesù nasce per morire e muore per risorgere per la salvezza di ognuno di noi.

Per ringraziare il Signore di tanto amore nei nostri confronti prepariamoci, nel periodo di Avvento, con l’aiuto di Maria, ad accogliere suo figlio Gesù, il Verbo fatto Carne, per fortifi-carci nella speranza e nella fede.

Che il Bambino Gesù doni a noi quella pace che nasce di fronte alla grotta, ai piedi del Calvario.

Quella pace di chi si sente immensamente amato da Dio, che nasce nel tempo e muore per lui.

Buon Natale.

Diacono Luciano Di Buò