Pregare con i Salmi

Tratto da una catechesi di Sua Santità Benedetto XVI (22 giugno 2011) – I Salmi, …. insegnano a pregare.
In essi, la Parola di Dio diventa parola di preghiera – e sono le parole del Salmista ispirato – che diventa anche parola dell’orante che prega i Salmi…… Poiché sono Parola di Dio, chi prega i Salmi parla a Dio con le parole stesse che Dio ci ha donato, si rivolge a Lui con le parole che Egli stesso ci dona. Così, pregando i Salmi si impara a pregare.
Sono una scuola della preghiera.
Qualcosa di analogo avviene quando il bambino ini-zia a parlare, impara cioè ad esprimere le proprie sensazioni, emozioni, necessità con parole che non gli appartengono in modo innato, ma che egli apprende dai suoi genitori e da coloro che vivono in-torno a lui. Ciò che il bambino vuole esprimere è il suo proprio vissuto, ma il mezzo espressivo è di altri; ed egli piano piano se ne appropria, le parole ricevu-te dai genitori diventano le sue parole e attraverso quelle parole impara anche un modo di pensare e di sentire, accede ad un intero mondo di concetti, e in esso cresce, si relaziona con la realtà, con gli uomini e con Dio.
La lingua dei suoi genitori è infine diventata la sua lingua…. Così avviene con la preghiera dei Salmi. Essi
ci sono donati perché noi impariamo a rivolgerci a Dio, a comunicare con Lui, a parlarGli di noi con le Sue parole, a trovare un linguaggio per l’incontro con Dio.
A tale proposito, appare significativo il titolo che la tradizione ebraica ha dato al libro di preghiere che noi indichiamo con la parola Salterio.
Esso si chiama tehillîm, un termine ebraico che vuol dire “lodi”
Questo libro di preghiere, dunque, anche se così multiforme e complesso, con i suoi diversi generi let-terari e con la sua articolazione tra lode e supplica, è ultimamente un libro di lodi, che insegna a rendere grazie, a celebrare la grandezza del dono di Dio, a riconoscere la bellezza delle Sue opere e a glorificare il Suo Nome Santo. È questa la risposta più adeguata davanti al manifestarSi del Signore e all’esperienza della Sua bontà.
Insegnandoci a pregare, i Salmi ci insegnano che, anche nella desolazione, anche nel dolore, la presenza di Dio rimane, è fonte di meraviglia e di consolazione; si può piangere, supplicare, intercedere, lamentarsi, ma nella consapevolezza che stiamo camminando verso la luce, dove la lode potrà essere definitiva. La tradizione ebraica ha posto su molti Salmi dei titoli specifici, attribuendoli, in grande maggioranza, al re Davide.
Figura dal notevole spessore umano e teologico, Da-vide è personaggio complesso, che ha attraversato le più svariate esperienze fondamentali del vivere.
Giovane pastore del gregge paterno, passando per alterne e a volte drammatiche vicende, diventa re di Israele, pastore del popolo di Dio. Uomo di pace, ha combattuto molte guerre; instancabile e tenace ricercatore di Dio, ne ha tradito l’amore, e questo è caratteristico: sempre è rimasto cercatore di Dio, anche se molte volte ha gravemente peccato; umile penitente, ha accolto il perdono divino, anche la pena divina, e ha accettato un destino segnato dal dolore.
Davide così è stato un re, con tutte le sue debolezze, «secondo il cuore di Dio» (cfr 1Sam 13,14), cioè un orante appassionato, un uomo che sapeva cosa vuol dire supplicare e lodare. Il collegamento dei Salmi con questo insigne re di Israele è dunque importante, perché egli è figura messianica, Unto del Signore, in cui è in qualche modo adombrato il mistero di Cristo.
Altrettanto importanti e significativi sono il modo e la frequenza con cui le parole dei Salmi vengono riprese dal Nuovo Testamento, assumendo e sot-tolineando quel valore profetico suggerito dal col-legamento del Salterio con la figura messianica di Davide. Nel Signore Gesù, che nella sua vita terrena ha pregato con i Salmi, essi trovano il loro definitivo compimento e svelano il loro senso più pieno e pro-fondo. Le preghiere del Salterio, con cui si parla a Dio, ci parlano di Lui, ci parlano del Figlio, immagine del Dio invisibile (Col 1,15), che ci rivela compiuta-mente il Volto del Padre.
Il cristiano, dunque, pregando i Salmi, prega il Padre in Cristo e con Cristo, assumendo quei canti in una prospettiva nuova, che ha nel mistero pasquale la sua ultima chiave interpretativa: l’orizzonte dell’orante.