Un altro passo

La nostra Casa-Ospizio si è già aperta ai primi Cronici Abbandonati, sottratti dallo squallore e dall’oblio.
Allineati nelle bianche sale rilucenti di nettezza, respiranti un’aria di pace e di vivace amor di Dio, ce li vediamo allegri, contenti salutare e benedire la loro nuova casa paterna.
Sono arrivati come degli sperduti, in un lungo faticoso cammino, che hanno trovato finalmente una casa che si è a loro aperta ospitale, dei volti amici che hanno loro sorriso, delle mani premurose che si sono loro protese con amore per soccorrerli, per assisterli, per nutrirli, con un pane non più scarso ed incerto, ma abbondante e contornato di gioia.
È una piccola nuova porzione di regno di Cristo, che, aggiunta alle molte altre già esistenti nel mondo, concorre, per la sua tenuissima parte, a far più grande il regno di Dio sulla terra. A chi si deve?
Non a noi solamente, per quanto ne possiamo essere i promotori iniziali ed anche gli esecutori materiali.
È invece la risultante di mille e mille cuori, che stretti insieme in un solo ideale di compassione pei miseri, ci hanno offerto il necessario aiuto per la benefica impresa.
Siete voi cari nostri Lettori, amici nostri benefattori, di qualunque parte e paese, che, mandandoci la vostra anche tenue offerta, costituite la nostra permanente ricchezza, e condividete con noi realmente il diritto di soci fondatori del nostro Ospizio; diritto che non potrà cancellarsi più mai.
Se anche venisse dimenticato lo ricorderà pur sempre Iddio.
Ci scrivono da varie parti che la miseria non è solo nel nostro paese ma è purtroppo universale: a tutti quindi, e non soltanto ai nostri ravennati, potrebbe e dovrebbe essere aperto il nostro Ospizio.
E noi rispondiamo, che, se non fosse troppa pretesa la nostra, non arresteremmo le mire alla piccola nostra terra nativa, ma vorremmo arrivare a fare una cosa grande, come grandi sono tutte le cose che vengono da Dio.
Oggi dobbiamo contentarci di un Ospizio cittadino, domani forse non più; avremo la smania, il bisogno, la febbre, il santo orgoglio di poterlo chiamare: Ospizio nazionale.
Allora certamente morremmo contenti, quando potessimo confortarci di lasciar dopo di noi non tanto una piccola esile pianticella, ma un grande albero gigantesco, sotto ai cui rami, non solo pochi privilegiati, ma una schiera interminabile di sofferenti
venga a goderne l’ombra benefica. Che Dio ascolti, sorrida e benedica ai nostri… sogni.
Servo di Dio don Angelo Lolli
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