Abdul, Renato, Lidia: le storie di chi accede al servizio Docce, Guardaroba e Ristoro

Abdul ha lasciato la Nigeria cinque anni fa e, dopo un viaggio in mare durato più di 24 ore in compagnia di altre 180 persone, tra uomini, donne e bambini, è arrivato a Lampedusa. Da lì si è spostato a Ravenna in cerca di lavoro. Come molti altri ragazzi del suo Paese, ha dovuto abbandonare la sua famiglia, i suoi affetti «perché – racconta a Risveglio – quando convivi ogni giorno con la miseria rischi di intraprendere strade sbagliate pur di sopravvivere». Adbul aveva iniziato a spacciare per portare qualche soldo a casa: arrestato a 18 anni, ne ha trascorsi tre in carcere prima di salire su quella barca. «Non potrò mai dimenticare quello che ho visto in carcere. Una volta arrivato in Italia non ho più voluto avere a che fare con la droga», racconta. Oggi Abdul ha 26 anni e sta cercando lavoro. Non ha una casa, dorme in stazione o per le strade nel quartiere Gulli. E piccoli momenti di socialità e cura di sé che vive all’Opera di Santa Teresa del Bambino Gesù, dove ogni mattina è attivo il servizio Docce, guardaroba e ristoro, per lui sono importanti. Qui il servizio è nato nel 2021 e permettere a persone in difficoltà di poter fare una doccia, indossare biancheria e vestiti puliti e fermarsi un po’ di tempo a parlare con i volontari magari consumando una piccola colazione. 

Molti degli utenti sono le stesse persone che frequentano i dormitori della città, come Renato, 52 anni, originario di Genova e con un passato da tossicodipendente. Renato ha perso tutto per colpa della droga: aveva una bella casa, una famiglia e un’attività in proprio. «Ho tre figli, che vivono in Liguria, ma non li vedo da tanto tempo. Raramente mi parlano. Anche mia sorella ha chiuso i rapporti con me. La mia dipendenza mi ha privato di tutti gli affetti che avevo» spiega mentre beve un caffè nei locali della Fondazione. Aveva fatto una doccia e chiesto un giubbotto nuovo, che fosse meno sgualcito del suo, perché doveva recarsi a un colloquio di lavoro al canile: «Spero vada bene, – dice con un mezzo sorriso – amo gli animali. A Genova avevo avviato un piccolo allevamento di cani». 

All’Opera di Santa Teresa fanno accesso quotidianamente anche diverse donne, alcune molto giovani, come Lidia da Salerno che è scappata da casa, dopo aver litigato con i suoi genitori. C’è anche Nadia, che ha quasi 60 anni, abita in zona Gulli ed è senza lavoro. Confidandosi ci riferisce che a stento riesce a comprarsi da mangiare: «Mi lavo qui per risparmiare sulle utenze». 

L’utilità di un simile servizio è quello di garantire a persone come Abdul, Renato, Lidia e Nadia, di non trascurare la propria igiene e cura personale e di salvaguardare la propria dignità. Un sostegno, in poche parole, per evitare l’emarginazione sociale e un sostegno nella ricerca del lavoro: «La Fondazione – spiega Filippo Botti, responsabile delle attività istituzionali a Santa Teresa – si prepone l’obiettivo di essere presente nella vita di queste persone, attivandosi, per esse, nel contatto con istituzioni, organi ed enti del territorio, alla ricerca delle opportunità di vita che non hanno avuto finora».

Con ingresso da via Santa Teresa 8, al piano terra della Fondazione, gli utenti hanno a disposizione una sala colazione, tre bagni/doccia, di cui uno attrezzato per disabili e due guardaroba, maschile e femminile. È possibile accedere solo previa presentazione di una tessera rilasciata dal Centro d’Ascolto della Caritas Diocesana.

Dal 2021 ad oggi, purtroppo, il numero delle persone che usufruiscono di questo servizio è in drastico aumento. «Siamo partiti da circa 6-7 accessi al giorno, oggi tocchiamo i 30 ingressi giornalieri. – aggiunge Botti – È evidente che siamo davanti a un’esigenza sociale impellente. Il povero non è più solo il “senza tetto”, ma anche chi ha perso il lavoro o non possiede le garanzie per permettersi un affitto». Il povero, spesso, è anche lo straniero, che non avrebbe mai lasciato il suo Paese se avesse avuto altre scelte: «In Libia – racconta Patrick tra la commozione – ero un ingegnere meccanico, lavoravo e stavo bene. Ero felice. Prego ogni giorno di poter far ritorno a casa».

Per informazioni sul servizio: tel. 0544 38548, dal lunedì al venerdì, dalle 8,30 alle 12,30.

Erika Digiacomo, dal Risveglio 2000